In alcuni esperimenti Galileo utilizzò, per misurare gli intervalli di tempo , i battiti cardiaci. Possiamo definire l'unità di misura dell'intervallo di tempo come il tempo trascorso tra un battito e l'altro. secondo te è una buona scelta?
In alcuni esperimenti Galileo utilizzò, per misurare gli intervalli di tempo , i battiti cardiaci. Possiamo definire l'unità di misura dell'intervallo di tempo come il tempo trascorso tra un battito e l'altro. secondo te è una buona scelta?
Questa è la primissima risposta su SoSmatematica. Spero di non fare brutta figura.
Una buona unità di misura deve avere una definizione univoca e accettata da tutti, perché su queste sue caratteristiche si basa la riproducibilità dei risultati sperimentali.
Il battito cardiaco non è regolare in tutti gli esseri umani: ci sono i bradicardici, caratterizzati dal fatto che hanno un ritmo cardiaco lento o irregolare, o ancora i tachicardici, persone che hanno cioè un battito veloce.
Se ci aggiungiamo pure che il battito cardiaco non è regolare nemmeno nei soggetti sani, capirai che sceglierlo come unità di misura non è esattamente una mossa furba.
Sono un maschietto. 🙂 Il mio nome è la fusione delle parole Math Ita(lian). Grazie per il benvenuto! 🙂
Attualmente non è una buona scelta perché l'intervallo di tempo puo' variare ( la frequenza cardiaca e' variabile). Inoltre il ritmo può essere irregolare. Ai tempi di Galileo era sicuramente un'idea geniale.
Credo che Galileo usasse i battiti cardiaci non per misure assolute, bensì relative : comparava lunghezze e periodi per vedere se, in certi fenomeni, ci fosse proporzionalità lineare piuttosto che quadratica . Fu così che " scoprì " che il moto nel piano inclinato comportava una accelerazione : al raddoppio del tempo corrispondeva un incremento dello spazio non doppio ma decisamente più elevato !!!
dal 21° minuto in poi