Il potere nascosto della matematica

La matematica regna nella realtà

La matematica è ovunque e non lo sappiamo, o non ci siamo mai soffermati a pensare ciò. Noi siamo indotti a pensare la matematica solo come numeri, formule e teoremi che vediamo sui libri di scuola. Mainvece no, la matematica ha un potere nascosto, immenso, universale, visibile, se conosciuta a fondo, anche nella vita di tutti i giorni.

In questa sezione, viene trattata la matematica sotto diversi punti di vista.

Il linguaggio universale della matematica è fondato su simboli visivamente astratti, ma che assumono un significato accostandone diversi, tramite schemi logici e componendo così teoremi o leggi. Così che quei numeri e simboli prendono una forma. Questi racchiudono nel loro insieme un messaggio apparentemente segreto; apparentemente perché sono messaggi visibili a tutti ma che solo pochi riescono a comprendere. Quei pochi sono coloro che sono in possesso della chiave di lettura.

La matematica ha il potere di essere dappertutto, non è quindi così astratta come si è soliti pensare, ma ha radici anche nella vita quotidiana, a partire dalla natura che ci circonda.

Roger Bacon (1214-1292) afferma che “di tutte le discipline conosciute dall’uomo vi sono concetti matematici .”

Nella poesia è nascosta la matematica

La matematica sembra così distante dalla lingua italiana, spesso si sente dire che sembra ”un’altra lingua” e invece la matematica è sempre stata ritenuta l’espressione più elevata del pensiero scientifico. La poesia è ritenuta l’espressione dello spirito.

Se paragoniamo la matematica alla poesia, l’analogia che prevale è che entrambe sono frutto dell’immaginazione. Un’immaginazione razionale la prima invece creativa è la seconda. Il matematico usufruisce dell’immaginazione per mettere alla luce teorie, leggi e formule. Colui osserva la realtà, la interpreta e, servendosi dell’immaginazione, guidata da una rigorosa razionalità, crea forme nuove. Anche i poeti sono spinti dalla ricerca di spiegazioni riguardo l’assoluto e l’infinito che li circonda. Ecco cosa accomuna matematici e poeti: la costante ricerca delle leggi e dei misteri che formano la vita umana.

“La matematica è considerata generalmente agli antipodi della poesia, non c’è dubbio. Ciononostante la matematica e la poesia hanno una stretta relazione di parentela perché entrambe sono figlie dell’immaginazione. La poesia è creazione, finzione, e la matematica è stata definita da uno dei suoi ammiratori come la più sublime delle finzioni”, sostiene Smith.

Smith associa la matematica alla poesia. Colui afferma che la poesia è “creazione”; l’artista osserva la realtà in cui vive e, attraverso l’immaginazione, la razionalità e il sentimento, la reinterpreta a suo modo, dando vita a qualcosa di nuovo.

È possibile dimostrare che il compito della matematica sia proprio questo?


Per capire ciò dobbiamo volgere uno sguardo nel passato. Per i razionalisti del XVIII secolo la realtà era in forma matematica e quindi essa la rispecchiava. Kant, un filosofo, in seguito cercò di dimostrare che le scienze come la geometria e la fisica si basano su dei principi presenti nel nostro intelletto, si tratta di una sorta di astrattismo.

Secondo questo pensiero quindi il compito dei matematici era proprio quello di capire la realtà.

Matematica e poesia, quindi, sorgono e partono da un’aspirazione in comune orientata verso la conoscenza. Entrambe investigano di fatto il dilemma con l’infinito, speculando sui paradossi della vita e del cosmo.

La natura attraverso i frattali

In natura esistono diversi elementi in cui è possibile notare l’impiego della matematica, la percepiamo attraverso la geometria dei frattali. Ma cosa sono i frattali? Dove possiamo trovarli in natura?

La geometria frattale, termine coniato nel 1975 da Benoît Mandelbrot, rappresenta l’anello di congiunzione tra la matematica pura e la natura. I frattali portano nella vita di tutti i giorni il sapore della matematica più astratta. L’idea è la ripetizione di una figura geometrica all’infinito. Ingrandendo l’immagine all’infinito si ritroverà sempre la stessa figura, ripetuta perfettamente ogni volta, per il principio di auto-similarità.

Galileo Galilei, che è universalmente considerato il padre del metodo scientifico, sintetizzava magistralmente il suo pensiero:

“Il libro della natura è scritto in lingua matematica ed i suoi caratteri sono triangoli, cerchi ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro labirinto.”

A più di tre secoli di distanza Benoit Mandelbrot scrive:

“La geometria euclidea è incapace di descrivere la natura nella sua complessità, in quanto si limita a descrivere tutto ciò che è regolare. Osservando la natura vediamo che le montagne non sono dei coni, le nuvole non sono delle sfere, le coste non sono dei cerchi, ma sono oggetti geometricamente molto complessi.”

I frattali sono modelli che hanno un potere nascosto di imprigionare in formule matematiche quelle forme della natura come fiori, alberi, fulmini, fiocchi di neve, cristalli, che finora non erano state considerate riproducibili con regole matematiche. Tuttavia, mentre gli elementi della geometria (linee, cerchi, triangoli,…) si possono visualizzare facilmente; quelli del nuovo linguaggio non si prestano all’osservazione diretta. Essi sono algoritmi, processi che possono essere trasformati in forme e strutture solo con l’aiuto di un computer.

Un esempio di struttura frattale è osservabile nei fiocchi di neve in cui la struttura di base viene ripetuta un numero finito di volte.

La bellezza di questo fiocco di neve rappresentato geometricamente, è mostrato così nella realtà, con tutta la sua bellezza.

Arte + Matematica= Escher

Escher è il miglior rappresentante di come la matematica possa influenzare anche l’arte.

Colui ha la capacità di anticipare aspetti matematici che saranno scoperti solo in un secondo momento. E’ il caso dei “frattali”, discussi precedentemente.

“La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l’universo), ma non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, né quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro labirinto.”

La bellezza della matematica

La matematica fa uso di teoremi, di formule, di dimostrazioni, il tutto scritto da un linguaggio matematico arricchito da infiniti simboli.

Questa sua vastità può essere sintetizzata con l’identità di Eulero, la quale racchiude nella sua semplicità numeri che provengono da contesti della matematica completamente diversi, i quali incrociano i loro destini in un’uguaglianza esteticamente semplice.

L’identità di Eulero è stata pubblicata nel 1748 dal matematico Leonhard Euler. Essa, a detta degli esperti, è la formula più bella della matematica. Questa accompagna l’uomo nei pensieri di qualunque natura, reale o immaginaria, ormai da sempre.

In che cosa si manifesti questa bellezza, è difficile spiegarlo, perché in realtà non esiste una definizione oggettiva di bellezza. Non possiamo definirla nemmeno per un’opera d’arte, una poesia o un componimento musicale. Eppure i matematici sanno riconoscere questa bellezza.

La differenza tra la bellezza matematica e quella musicale o artistica è che la seconda può essere colta da tutti, anche dalle persone che non sono in grado di comprenderle pienamente, mentre per cogliere la bellezza matematica bisogna conoscerne il linguaggio. L’identità di Eulero, ad esempio, è riconosciuta quasi all’unanimità come l’equazione più attraente. Il vero significato di questa formula misteriosa è ancora sconosciuto.

I numeri 0, 1, e, i, π sono numeri fondamentali della matematica che provengono da campi diversi, numeri apparentemente lontani fra loro, inspiegabilmente riuniti in un’unica formula.
“L’identità di Eulero era una stella cadente che illuminava le tenebre, era il verso di una poesia inciso in una grotta avvolta nell’oscurità .”

Dunque, in questa formula, sono presenti le quattro fondamentali operazioni della matematica: elevamento a potenza, prodotto, somma e uguaglianza. Inoltre costanti appartenenti al campo della trigonometria, della analisi e dell’insieme dei numeri Complessi sono correlati con i numeri 0 e 1, appartenenti all’ insieme dei numeri Naturali: proprio in questa inaspettata correlazione si può trovare la bellezza di un’identità matematica, ovvero la condensazione in una formula di elementi scoperti in epoche diverse e da menti diverse.

Uno degli elementi che è presente nell’ identità di Eulero è proprio la costante matematica “pi greco”.

Il Pi greco è dentro e fuori di noi

Ben lungi da essere solo un capitolo dei manuali di matematica, il π è anche parte integrante dell’essere umano.

Ad esempio…

Il rapporto tra la distanza che separa l’alluce e l’ombelico e quella tra quest’ultimo e la punta della testa è proprio 3,14.

È anche nelle nostre pupille o negli attorcigliamenti della doppia elica del DNA.

È fuori di noi, nella natura che ci circonda: nei cerchi concentrici che si formano quando si lancia un sasso in uno specchio d’acqua o quando sulla sua superficie cadono delle gocce di pioggia, nelle spirali delle conchiglie marine, negli arcobaleni.

E’ nella forma dei fiumi: il rapporto tra la lunghezza effettiva di un fiume dalla sorgente alla foce e la lunghezza in linea d’aria è sempre approssimabile al pi greco.

A dirlo fu Albert Einstein, il cui compleanno cade proprio il 14 marzo.

Nel corso della storia, il Pi greco è stato fondamentale per gli architetti per costruire archi, cupole e tunnel perfetti e proporzionati.

Dal microonde con cui scaldiamo il cibo, ai raggi delle lampade abbronzanti, ai cellulari: abbiamo imparato ad utilizzare le onde elettromagnetiche e a “piegarle” a nostro piacimento grazie allo studio e all’impiego del Pi greco, senza il quale parte del mondo odierno non esisterebbe.

Il pensiero matematico di Galileo Galilei

Ebbene, secondo Galilei non possiamo assolutamente capire, studiare e indagare la natura senza conoscere il linguaggio con il quale essa è scritta e con il quale funziona e cioè la matematica.

Quindi, secondo Galilei, la natura è come se fosse un libro: se non impari a leggere e a capire il significato delle parole, non puoi capire il significato, il senso del libro e il contenuto morale che esso ha da offrire al lettore. La nostra capacità di conoscere è limitata e questo è un dato di fatto.

Ad esempio, non possiamo sapere come è nato l’universo perché noi non possiamo andare indietro nel tempo e vedere se c’è stato veramente il Bing Bang o qualche altra cosa che ha originato tutto.

La nostra limitatezza dimostra che noi non abbiamo inventato la matematica, perché se l’avessimo inventata, la conosceremmo tutta e invece non è così.

La matematica è sempre esistita, non abbiamo fatto altro che conoscerla, capirla e usarla per “leggere” la natura, ma non dimentichiamo che essa ha un potere nascosto difficile da comprendere.

SOS Matematica

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